lunedì 1 ottobre 2012

BOOTLEGMANIA: MOLLY HATCHET

 
La leggenda parla di una prostituta vissuta nel '600, si chiamava Molly ed aveva l'ascia facile. "Hatchet" Molly era un'assassina! E MOLLY HATCHET erano veramente un gruppo assassino!!! Pericoloso sestetto proveniente da Jacksonville, Florida, si presentavano al pubblico discografico con i fucili spianati e le asce del grande artista Frank Frazetta. Sul palco le asce avevano sei corde ed erano tre, imbracciate dai possenti Dave Hlubeck, Steve Holland e Duane Roland, il fronte di fuoco era completato dal basso di Banner Thomas e la batteria di Bruce Crump e sopratutto da un frontman eccellente, un vero pezzo da 90, amato ed idolatrato dai fans, il leggendario Danny Joe Brown.


Formatisi a metà anni settanta, lasciarono presto il circuito dei piccoli bar di provincia e firmarono un contratto con la Epic sotto la guida dello stesso manager dei loro illustri concittadini LYNYRD SKYNYRD. Fu così che nel 1978 pubblicarono il primo omonimo album, bellissimo, un travolgente assalto sonoro, suono moderno (per l'epoca), composizioni perfette, trascinanti, nove pezzi che costituirono per anni l'ossatura degli spettacoli dal vivo ed ancora oggi sono naturalmente i pezzi forti della scaletta. Beh, oggi quel che rimane di quella band è ben poco, negli anni la macchina da guerra non si è praticamente mai fermata nonostante i cambi di formazione, l'inaridirsi delle idee, le dipartite, ma gli ultimi dischi prodotti hanno poco a che spartire con le origini. Potenti lo sono senz'altro, ma potrebbero benissimo portare la firma di, che so io, i RUNNING WILD o un'altra qualsiasi metal band teutonica.
Ma nel 1979 i Mollys facevano veramente paura senza dover per forza essere pesanti come macigni, il loro boogie travolgente, le loro iniezioni di adrenalina somministrate al classico Skynyrd sound erano davvero inarrivabili per qualunque coeva band. Il lavoro d'esordio, valutandolo oggi, si potrebbe definire il miglior disco di southern rock mai uscito tant'è eccitante e perfetto; non esiste molto in effetti di tale qualità, forse giusto Second Helping mette in sequenza così tanti fuoriclasse ma il suono della band di Gary Rossington era ben più timido e rootsy. Il pubblico al quale si rivolge la giovane band della Florida è quello decisamente rock, la produzione di Tom Werman, le violente copertine di Frazetta, i concerti europei in compagnia di Whitesnake, Ramones, Motorhead e simili, e quel pubblico certo non rimane deluso. Non dovrebbe essere troppo difficile procurarsi alcune delle eccellenti registrazioni tratte dalle esibizioni di quel magico anno, concerti promozionali trasmessi per radio e quindi di eccellente qualità. Dai miei "archivi" estraggo con gioia ed orgoglio quello show di Louisville del 19 Aprile, quello del giorno successivo all'Agorà di Atlanta, Georgia oppure la più breve esibizione al festival di Reading. Concerti esaltanti, energici oltremodo, che fotografano al meglio quella che era la proposta del sestetto; live in Louisville è il più completo, quasi tutto l'album d'esordio viene presentato ad un pubblico entusuasta, le punte di diamante sono le fantastiche Bounty Hunter, Gator Country o quella fantastica cover di Dreams (Gregg Allman) completamente trasformata rispetto all'originale; ci sono poi T For Texas di Jimmy Rogers e Crossroad Blues di Robert Johnson già passate per le mani dei Lynyrd Skynyrd ed ulteriormente rinforzate.


Ma c'è sopratutto anche quella lunga e travolgente Harp Jam che fa coppia con la conclusiva Boogie No More, due pezzi che possono mettere al tappeto chiunque. La prima è un lunghissimo boogie che permette l'esibizione solista di ogni membro del gruppo compreso, come da titolo, un infuocato Danny Joe all'armonica, l'altra è la mazzata finale, partenza a media velocità e voce possente che ha solo il tempo di cantare una breve strofa prima della fulminea accelerazione e poi giù un diluvio di note alla Free Bird che mette fine ad un'ora e un quarto di pura energia. In scaletta anche pezzi dall'ancora grande Flirtin' With Disaster, nel concerto di Reading viene anche sparata la bruciante title track sulle teste di un pubblico completamente asservito alla causa sudista.
Purtroppo questi nastri non sono mai stati editi ufficialmete ed abbiamo dovuto aspettare quel, secondo me deludente, Double Trouble del 1985, quando la band è quella senza il tridente e con i fastidiosi synth di John Galvin. Peccato, anche i MOLLY HATCHET avrebbero avuto il loro bel doppio live competendo ad armi pari o forse superando anche l'eccellente One More From The Road dei loro influenti concittadini che tutti conoscono.

G_BARONCELLI






  


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