lunedì 19 settembre 2011

UOMINI LEGGENDARI




Il BLUES. Il seme di tutto quanto ascoltiamo oggi, generato negli stati centrafricani, ha viaggiato nelle stive delle negriere che strappavano i figli di Mama Africa per ridurli in catene al servizio di una popolazione che si autodefiniva civile, ha preso corpo tra le piantagioni di cotone passando per il fango del delta del Mississippi, arricchendosi della spiritualità derivante dal credo religioso fino a mescolarsi poi con la peccaminosa way of life derivante dalla dura realtà a cui la comunità nera fu sottoposta fino ai tardi anni sessanta ed oltre. In questo modo più o meno è nato il blues nero che conosciamo oggi ma come questo ha potuto attraversare il confine tra neri e bianchi fino a divenire rock? Le dodici battute hanno attraversato l'Oceano Atlantico e sono rimbalzate sul suolo della terra d'Albione per poi ricadere nuovamente negli States sotto una nuova forma, codificata e su misura per la nuova generazione di bianchi e psichedelici ribelli che, sotto l'effetto di sostanze poco salutari, hanno proseguito l'evoluzione di pari passo ai loro coetanei neri che invece passavano dall'R&B al funky, alla disco, al rap.
Ma se tutto questo è avvenuto lo dobbiamo a due uomini in particolare: il primo si chiamava Alexis Andrew Nicholas Koerne, nato a Parigi da padre austriaco e madre greca e cresciuto tra Francia, Svizzera e nordafrica, approdato a Londra negli anni quaranta. Ebbene, dopo aver ascoltato il blues di Jimmy Yancey decise che quella sarebbe stata la sua strada, si mise a suonare il piano e la chitarra, fece parte della jazz band di Chris Barber è fondò nel 1955 il London Blues and Barrelhouse Club in società con l'armonicista Cyril Davies. Ebbene quest'uomo, che adesso si faceva chiamare Alexis Korner porto il blues nella capitale inglese attraverso all'epoca sconosciuti musicisti americani e reclutando per il proprio gruppo giovani ragazzotti inglesi che rispondevano ai nomi di Charlie Watts, Jack Bruce, Ginger Baker, John Baldry detto "Long",  Graham Bond, Danny Thompson, Dick Heckstall-Smith attirando a sé, nella formazione aperta del suo gruppo, Rod Stewart, Jimmy Page, Mick Jagger, Keith Richards e Brian Jones, tutta gente che dire sia diventata qualcuno è quantomeno riduttivo!!





Bene, un giorno, suonando in club di Manchester, Alexis colpì molto un musicista locale di cinque anni più giovane che, figlio di un musicista jazz, già si muoveva nel territorio del blues. Questo ragazzo, fu talmente impressionato che volle ricreare una sua band sul modello di quella di Korner cominciando a circondarsi di gente come Eric Clapton, Peter Green, John McVie, Mick Fleeetwood, Jack Bruce, Mick Taylor, Sugarcane Harris, Harvey Mandel, Larry Taylor, Ainsley Dunbar, Jon Hiseman, Andy Fraser, Johnny Almond ed altri. Si, questo ragazzo è l'altro padre del blues, il leone di Manchester, il signor John Mayall che ancora oggi si permette di girare il mondo senza aver cambiato di una virgola o quasi la propria proposta musicale.




Quest'ultimo ebbe commercialmente ben più fortuna del primo e, certamente anche per talento superiore, seppe muoversi meglio nel music business e raggiungere il grande pubblico. D'altra parte l'aver scoperto tre dei più grandi chitarristi di tutti i tempi vorrà pur voler dire qualcosa.
Prima o poi la  mia strada si incrocerà certamente di nuovo con questi due personaggi, per il momento mi limito a soddisfare il bisogno di pagare loro un tributo parlandone su queste mie pagine. Forse la voglia di scrivere di loro mi è venuta ieri quando, aprofittando della piovosa domenica, mi sono lasciato trasportare dall'ascolto di un fantastico concerto a Brema nel 1969, tre quarti d'ora di tempo speso nel migliore dei modi, con quella "Parchman Farm" che da sola si aggira sui tredici infuocati minuti. Bella storia ... il BLUES.

G_BARONCELLI







Una raro edizione giapponese del LP LOOKING BACK


domenica 18 settembre 2011

LIVE EXPERIENCE: JEFF HEALEY PISTOIA BLUES FESTIVAL 1993

JEFF HEALEY (n 25 Marzo 1966 - m 2 Marzo 2008): un grande della sei corde mai troppo ricompensato dal grande pubblico e dalla critica per la splendida musica che ci ha regalato.
Domenica 4 Luglio 1993 mi feci il solito viaggetto a Pistoia per l'appuntamento annuale col grande blues. Quell'anno ebbi l'occasione di vedere in azione un'autentica leggenda del british blues, il signor Jack Bruce cari miei, compagnato da un prescindibile acrobata della sei corde, tale Blues Saraceno di cui, giustamente, si son perse le tracce da secoli. La stessa sera però potei anche appaludire uno dei miei chitarristi preferiti, autore qualche anno prima di un infuocato debut album intitolato "See the light". Nel frattempo c'erano stati altri dischi più easy e la band si era evoluta. Jeff si presenta avvalendosi dei servigi del talentuoso Washington Savage, tastierista canadese scomparso nel 2009.




Non ho fotografie da pubblicare, però qualche mese fa mi è capitato di ascoltare questo bootleg ed è stata l'occasione per rinverdire il ricordo di quell'indimenticabile serata. I fuochi d'artificio cominciano con la splendida "While my guitar gently weeps" con le scatenate coriste Mischke e Chouckoo e si prosegue con la stessa energia e le stesse backing vocals con "Heart of an angel". A seguire una delle sue più belle composizioni, "Angel eyes", viene proposta in chiave acustica e poi il grande successo di "Roadhouse blues" fino al superfinale con la canzone-manifesto che intitolò il primo album, introdotta da un duetto piano/chitarra. Non posso ricordare se questa registrazione sia completa, sono quasi sicuro di ricordare una jam con Jack alla fine dello show ma non posso giurarlo.
Jeff era un chitarrista in possesso di una tecnica unica e straordinaria ed era l'unico capace, al pari di Stevie Ray, di raggiungere livelli stratosferici quando si cimentava col verbo Hendrixiano e magico nel trasmettere alla platea tutto il proprio feeling.
Probabilmente è rimasto, discograficamente parlando, vittima dello show business  e dopo "See the light" la qualità è andata sempre calando fino al colpo di coda rappresentato da "Get me some" del 2000, un disco eccellente sotto tutti i punti di vista. Dal vivo però Jeff e la sua chitarra si fondevano in un'unica entità e la musica era sempre di un livello superiore. Consigliatissimo in questo senso è l'acquisto di "Live at Montreaux" (ricordo una favolosa "Yer Blues" e la lezione di come si suona un blues data con "Third Degree") ed anche dello splendido "Songs From The Road", disco assemblato raccogliendo qua e là alcune perle eseguite dal vivo nel periodo 2006-2007, titoli come "Stop Breaking Down", "White Room", con un uso veramente selvaggio del wah-wah che fa impallidire anche Clapton in persona, "Whipping Post" ed addirittura "Teach Your Children" targata CSN&Y.
Amanti della buona musica non dimenticate Jeff, sarebbe un'ingiustizia più grande di quella che il fato gli ha riservato durante la sua breve esistenza.

G_BARONCELLI





TISHAMINGO: LIVE IN ITALY AGAIN

TISHAMINGO: LIVE IN CASALMAGGIORE (PC)
July 21, 2006
Piazza Duomo

A completamento di un mio precedente articolo sulla band della Georgia, pubblico volentieri anche queste foto risalenti all'anno precedente, quando si esibirono al festival di Casalmaggiore. Quella fu la volta che ebbi il piacere di conoscere i ragazzi personalmente. Purtroppo al momento pare proprio che per loro non ci sia un futuro, anche il sito internet è stato chiuso ed è un vero peccato.


G_BARONCELLI
























giovedì 15 settembre 2011

BAD COMPANY TILL THE DAY I DIE


Ogni tanto, grazie ad internet, al filesharing ed altre diavolerie del genere, la mia anima affamata di nuove emozioni, sempre più rare in campo musicale al giorno d'oggi, viene soddisfatta da qualche bella scoperta.
Stavolta ho scovato quello che ormai non speravo più di trovare dopo anni ed anni di tape trading: questa volta parliamo di un grandissimo gruppo del passato, una delle più belle voci del rock, mr. Paul Rodgers, uno dei miei preferiti, la leggendaria voce dei FREE dai quali arriva anche il "quadrato" batterista Simon Kirke, alla chitarra l'ex MOTT THE HOOPLE Mick Ralphs ed al basso l'ex KING CRIMSON Boz Burrell. Il supergruppo si chiama BAD COMPANY ragazzi e invito tutti a verificare la qualità della loro proposta musicale acquistando per lo meno i primi tre dischi che pubblicarono a metà anni settanta o se proprio ne volete solo uno beccatevi il primo omonimo, uno dei più bei debut albums di tutti i tempi, musica di qualità eccellente.




Ma torniamo alla scoperta di oggi, non sono facili da trovare registrazioni anni settanta di tale qualità audio e da qui deriva il mio entusiasmo: questi nastri, parliamo di un concerto ad Albuquerque 1976, provengono direttamente dagli archivi privati di mr. Ralphs, il quale avrebbe desiderato pubblicarli ufficialmente nel 2006 in occasione del tour che celebrava i trent'anni dalla costituzione della band. Il disco dal vivo che migliaia di fans hanno atteso per trent'anni ma non hanno mai avuto e che, ancora una volta, non poterono avere per problemi legali. La Angel Air lo pubblicò ma lo tolse quasi subito dal catalogo (usci solo in versione promozionale forse? Non so). Questo disco sarebbe potuto essere uno di quei classici doppi dal vivo anni settanta, accostabile senza troppi timori a Made in Japan, a Strangers in The Night, a Live and Dangerous, Alive ed altri fondamentali dischi live. Se i dischi in studio fino ad allora pubblicati dalle Cattive Compagnie rappresentano il meglio della loro produzione, questo concerto raccoglie il meglio di tali lavori, quindi "il meglio del meglio" gentilissimo pubblico!!!


Allora tenetevi forte, la musica comincia a fluire dalle casse dello stereo, please no mp3, no iPod e schifezze simili, trasferire su CD e regolare il volume dello stereo dal 5 in su, meglio se almeno di un paio di tacche in modo che anche il vostro amato quartiere possa apprezzare la grandezza di Paul Rodgers e soci. 
Ecco le urla del folto pubblico, poi un suono in feedback ed un annuncio semplicissimo ma efficace: "LADIES AND GENTLEMEN BAD COMPANY" ed è un boato. I ragazzi sparano subito una delle loro cartucce migliori, Live For The Music....eh si Paul anch'io......riff bello semplice e figlio delle varie Alright Now e Fire And Water, basso e batteria pompano che è un piacere mentre Mick Ralphs furoreggia con la sua sei corde. Segue Good Lovin' Gone Bad ovvero lo stampo che è servito a David Coverdale per una ventina di brani dei suoi WHITESNAKE periodo migliore. Inizio tosto e frizzante che va avanti ulteriormente con Deal With The Preacher e poi Ready For Love, capolavoro già nel repertorio dei MOTT ma che solo con la calda voce di Paul raggiunge la sua forma più completa. Wild Fire Woman ha reminescenze dei primissimi FREE, hard blues dall'incedere minaccioso e una progressione che stenderebbe chiunque. Breve intermezzo con due brani leggermente inferiori e poi Simple Man, pacata ed introspettiva con uno svolgimento a salire che ricorda l'ineguagliata Be My Friend. Seguono Shooting Star e la pausa completamente acustica di Seagull.




Il secondo dischetto si apre con Run With The Pack, brano guida del terzo capitolo discografico con Paul che si siede al piano elettrico ed un lungo finale chitarristico; poi un grande classico come Feel Like Making Love, breve intro di batteria ed è Rock Steady a guidarci verso il potente finale che vede il susseguirsi di Honey Child e la leggendaria Can't Get Enough che riceve un trattamento di oltre otto minuti e precede la maestosa Bad Company, proposta come bis, il vero capolavoro della band inglese in un'esecuzione possente e trascinante.
BAD COMPANY, magnifico gruppo oggi relegato a periodiche reunion nostalgiche che raggiunse livelli invidiabili sotto la guida manageriale di Peter Grant ed ebbe l'onore di inaugurare il catalogo della Zeppeliniana Swan Song.
Se fosse uscito un album come questo nel 1977 forse sarebbero ricordati di più e non sarebbero solo una band "da intenditori". Da riscoprire assolutamente.

G_BARONCELLI




martedì 13 settembre 2011

TESLA: Twisted Wires & the Acoustic Sessions




Scrivo nuovamente volentieri su questa eccellente band americana da venticinque anni sulla scena, in occasione della pubblicazione di "Twisted Wires & the Acoustic Sessions", il nuovo album acustico che dovrebbe rinverdire i fasti dell'eccellente e precursore "Five Man Acoustical Jam". Non si replica esattamente l'operazione precedente però ed i ragazzi scelgono il repertorio da rimaneggiare pescando tra i brani meno noti sparsi qua e là nella loro eccellente discografia. La partenza è affidata alle renditions semi-acustiche di brani come Forevermore, Hang Tough e Edison's Medicine inframezzate dalla nuova 2nd Street, un buon brano melodico. Il quinto brano è la splendida What You Give, privata della batteria ed arricchita da mandolini e dobros, bella  naturalmente ma versione non pari all' originale. Anche Changes ci rimette, perdendo quella carica drammatica presente nella versione originale, mentre ad esempio mi pare che Song and emotion, posta in chiusura, congedi ottimamente i nostri (ex)ragazzi di Sacramento e ci lasci speranzosi di ascoltare quanto prima un "classico" lavoro completamente nuovo. Anche perchè i due nuovi brani sono belli, specialmente la ballata "Allmaniana" Better Off Without You che ripropone tutti gli stilemi che hanno reso famosi i TESLA, ovvero quegli esaltanti intrecci elettroacustici da sempre presenti nei loro brani migliori. Questa in effetti è sempre stata la forza dei TESLA, probabilmente non rendono altrettanto bene né se vanno troppo sul pesante né se scarnificano troppo la struttura delle composizioni proponendole in chiave completamente acustica: la miscela tra i due suoni è per loro il massimo, sono inarrivabili in questo.
Probabilmente mi aspettavo di più da questo lavoro, forse proprio perchè il raffronto con il fenomenale Five man... è inevitabile e, all'epoca, i ragazzi erano nel pieno dell'entusiasmo, nel momento di maggior successo della loro carriera, e sopratutto registrarono dal vivo mescolando alle loro migliori composizioni di sempre una bella manciata di classici anni 60/70. C'era la Lodi dei macinatori di hits CREEDENCE CLEARWATER REVIVAL, c'erano i BEATLES ed i ROLLING STONES, i GRATEFUL DEAD ed i misconosciuti FIVE MAN ELECTRICAL BAND che offrirono la splendida Signs che quasi sembrava partorita dalla penne di Jeff Keith e Frank Hannon.
Nel complesso un buon lavoro ma aspettiamo fiduciosi il prossimo!




G_BARONCELLI


L to R: frank hannon GT, brian wheat BS, troy luccketta DR, jeff keith VC, dave rude GT,