venerdì 22 aprile 2011

TISHAMINGO: LIVE IN ITALY

TISHAMINGO: LIVE IN VIADANA (MN)
March 31, 2007
Club House Stadio Zaffanella

Un bel pomeriggio di una giornata di inizio primavera, io, my wife e Marco partiamo alla volta della bassa Padana per vedere nuovamente i TISHAMINGO. Questa sarà ormai la terza volta e per ora anche l'ultima visto che al momento sono fermi e chissà se mai torneranno insieme.
9 Luglio 2005 al Pistoia Blues Festival ancora con la prima formazione in un, purtroppo, brevissimo set, ma fortunatamente la serata dopo una parentesi da dimenticare (un gruppo italiano veramente vergognoso che suonò più di loro, non so come fece ad arrivare su quel palco) proseguì alla grande con un pirotecnico show dei triestini W.I.N.D. Poi l'anno dopo a Casalmaggiore, il 21 Luglio per l'esattezza, dove potemmo registrare lo show, conoscere i ragazzi e condividere qualche birra a fine concerto.
Jess Franklin GT&VC, Cameron Williams GT&VC, Richard Proctor DR e Chuck Williams BS (che ha sostituito Stephen Spivey), eccoli qua gli amati TISHAMINGO a promuovere il loro nuovo album "The point" da poco pubblicato. Fu un concerto splendido ed energico, le chitarre avevano un suono brillante, veramente fantastico, uno dei pezzi che mi ha colpito di più è stato quello eseguito durante il soundcheck, "You got that right" degli SKYNYRD, superba!!!
La serata era cominciata già bene col gruppo di apertura, purtroppo non ricordo il nome, molto giovani, bravini sicuramente. Poi è decollata, con Jess sempre più bravo alla slide ed al Rhodes, bella voce, lui e Cameron sono il vero punto di forza, splendido cantante ed ottimo chitarrista quest'ultimo. Si scambiano gli assoli e le lead vocals coadiuvati dalla solidissima sezione ritmica ed eseguono come sempre il loro repertorio ogni sera diverso, ogni volta con qualche sorpresa.
Poi si jamma, arriva sul palco un protagonista del pop italiano anni settanta, Bernardo Lanzetti che si tuffa in una ruggente "Born on the bayou" con Fabio Drusin al basso. Anche i ragazzi che avevano suonato prima tornano sul palco e penso ricorderanno bene questi momenti. Grande divertimento per tutti, poi le foto insieme e gli scambi di baci ed abbracci.
Spero che non finisca qui boys :::::::::::::

G_BARONCELLI




















Fabio Drusin (W.I.N.D.) ha jammato con la band eseguendo "Bad news" tratta dall'album all'epoca appena pubblicato THE POINT. Ricordo mi chiese se avevo una copia del CD da andarsi ad ascoltare in macchina ed impararla al volo!!


Bernardo Lanzetti (ACQUA FRAGILE, PFM)

jam

jam


Jess, Stefania and Cameron

Jess, me and Cameron

giovedì 21 aprile 2011

WARREN HAYNES BAND, WANEE MUSIC FESTIVAL 2011

Warren Haynes Band, 15 Aprile 2011
Wanee Music Festival
Spirit of the Suwannee Music Park
Live Oak, FL

La scorsa settimana, si è tenuto in Florida un festival dedicato alla musica che più di ogni altra risiede nel profondo del mio cuore e dell'anima: parliamo di quel southern blues jam sound proposto udite udite da ALLMAN BROTHERS BAND (2 concerti), DEREK TRUCKS BAND, WIDESPREAD PANIC, JAIMOE'S JASSSZ BAND, DEVON ALLMAN'S HONEYTRIBE, NORTH MISSISSIPPI ALLSTARS, WIDESPREAD PANIC, HOT TUNA, 7 WALKERS ...accidenti c'era pane per i miei denti!! Altra notizia ghiotta ghiotta era che, nel pomeriggio di venerdì debuttava la WARREN HAYNES BAND, diversa da quella che aveva portato all'ultima X-mas jam, che seguirà Warren nel nuovo tour in promozione a "Man in motion", il nuovo disco in pubblicazione il mese prossimo. Non potevo quindi mancare all'appuntamento così mi sono catapultato nella Gator Country per l'indimenticabile serata.........ehmm, sarebbe bello poter scrivere ciò ma le cose non sono andate proprio così. Comunque grazie alla tecnologia eccomi qua ad ascoltarmi una splendida registrazione di quello show.
Warren si presenta con le sue splendide Les Paul e ES 345 (se vogliamo essere precisi GIBSON ES 345 CUSTOM del 1961, senza battipenna ed una splendida '59 reissue) e la sua nuova band, come dicevo diversa da quella che ha registrato il disco. Dopo una rapida presentazione dei musicisti parte la musica con la title-track arricchita da una sezione fiati. Il sound è quello del disco anche se più energico e chitarristico, un moderno soul, non il classico soul sudista che ci si potrebbe aspettare, è invece molto moderno, piuttosto newyorkese. Siamo in un territorio nuovo (d'altra parte Warren è un "uomo in movimento") anche se era già stato sfiorato con i muli all'epoca dei due "Deep end" ad esempio in pezzi come "Down and out in New York City" o "Tear me down" che verrà infatti eseguita nel proseguio di serata. "River's gonna rise" mette in evidenza la bella voce di Alfreda Gerald, subentrata al posto di Ruthie Foster, poi il primo highlight della serata "Power and the glory" tratta dal suo primo fondamentale lavoro solista del 1993 "Tales of ordinary madness".


Bella sorpresa che fortunatamente sarà ripetuta più avanti ma intanto naturalmente vengono presentati altri brani nuovi, "Your wildest dream" è una ballatona Haynesiana fino al midollo ma potrebbe essere anche una cover di Otis Redding tanto è classica, "Sick of my shadow" invece ha un andamento più ballabile, calda, energica e fiatistica. "Hattiesburg Hustle" è un'altra splendida classica Warren's ballad con grande guitar solo finale in crescendo, poi "Sneakin' Sally Through The Alley", brano di Alain Toussaint, già ascoltato in passato da chi segue Warren che in quest'occasione fonde insieme alla sua "Tear me down" con solito crescendo finale e scambi col sassofono che tanto ricorda le improvvisazioni tra i Muli e Karl Denson o lo stesso Holloway. Poi Warren presenta un altro brano dal suo primo ed insuperato disco solista, si tratta di "Broken promised land" che chiudeva il lavoro, tempo lentissimo e splendidi vocalizzi finali in stile "Great gig in the sky" ad opera di Alfreda che già compariva nella versione originale. Un altro estratto da quel lavoro è una delle mie preferite, "Fire in the kitchen" e poi ancora tanto spazio al sax ed al New Orleans sound della nuova "On a real lonely night". Siamo alla fine, Warren pesca ancora da Tales... concludendo con la splendida "Invisible" con i suoi cambi di atmosfera, immersioni nella fusion pura e l'assolo più intenso della serata.
Grande concerto (e chi aveva dubbi?), il tour và avanti, chissà che presto non tocchi anche le nostre lande. Chi volesse una copia dello show non fa che chiederlo, come sempre sono disponibile al trading che è naturalmente concesso dall'artista.

G_BARONCELLI


Warren e Alfreda



performers:
Warren Haynes - guitar, vocals
Nigel Hall - keys, vocals
Alfreda Gerald -- vocals
Terence Higgins - drums
Ron Johnson - bass
Ron Holloway - sax



giovedì 14 aprile 2011

MOON DOG MANE: TURN IT UP (1998)





Come promesso nel mio precedente post, eccomi qui con i fantastici MOON DOG MANE.
Turn it up! Come lo storico inizio di "Sweet home Alabama", il manifesto del rock sudista. Disco assolutamente da avere se amate il suono del sud, anche se di non facile reperibilità. Scritto e prodotto da Frank Hannon, rappresenta una scorribanda in terreno southern del biondo chitarrista e principale compositore dei TESLA. Dodici pezzi di cui due scritti in coppia con l'altro fuoriclasse del gruppo, il prima di allora sconosciuto ma dotatissimo cantante Brodie Stewart. Vi presento gli altri componenti ovvero Kevin Hampton alla ritmica, Chris Martinez al piano ed organo, Joel Krueger e Courtny DeAugustine basso e batteria. 
Accendiamo a manetta questo stereo allora e via. La canzone che da il titolo all'album ci accompagna subito nel meraviglioso territorio del sud degli Stati Uniti e colpisce per il refrain subito memorizzabile e l'impasto sonoro tra la chitarra acustica di Hampton e la splendida solista di Mr. Hannon che per l'occasione usa principalmente Fender Stratocaster. Ma la cosa che ha un maggior impatto nell'ascoltatore è certamente la splendida e caldissima voce di Stewart che nella seguente "I believe" sputa sangue e raggiunge livelli sublimi. Questo brano lo ascoltai alla radio all'epoca della sua pubblicazione e rimasi folgorato.
Siamo alla numero 3, “You turn me on”: dopo una breve introduzione con dialoghi tra i musicisti in sottofondo parte il riff, 100 % SKYNYRD’s southern, potrebbe essere tranquillamente tratto da “Street survivors” e si fatica a credere che alla slide non ci sia Gary Rossington e che l'assolo finale di honky tonk piano non sia opera del compianto Bill Powell. La seguente “Peanut on a plate”, un giro blues sempre ispirato al gruppo della Florida basato su un tessuto di acoustic slide mi ricorda molto alcune cose degli STEEPWATER, anche per timbrica vocale. Attenzione alla band appena citata, promessa mancata del nuovo southern rock, perché prima o poi ve ne parlerò. Number five, con un titolo come “Sweet southern sound” quale poteva essere lo sviluppo? Intro di acustica con un giro veramente molto simile al TESLA capolavoro “What you give”, harmony vocals in sottofondo, Fender Stratocaster e voce che al solito sprizza feeling ad ogni suono emesso; ......sweet southern melody come back to me .... mancherebbe solo una spruzzata di Hammond che è ben presente invece nella successiva “Turn the page”, più sul versante rock, slide guitar ed attacco alla RAGING SLAB, altra band "per intenditori".
"Watcha gonna do?" ha nuovamente un riff skynyrdiano, quadrata e trascinante ci traghetta velocemente verso “When I think about it now” che potrebbe benissimo essere un classico dei TESLA, semi ballad con sottofondo di Hammond, solita voce sofferta e cori soulful, assolo strappabudella in crescendo (questa sembra Gibson).  Caratteristiche riscontrabili anche in “Let it shine” che ha come maggior influenza i FREE di Paul Rodgers. - Ehi, cos'è questo casino? - parte "Roll with the punches" dove le chitarrone si fanno più aggressive e si doppiano nel finale con quei caratteristici assoli all'unisono di stampo sudista. Un ultimo momento rilassante con "Times are changin'" anche se l'ugola di Brodie è sempre ben strapazzata e poi "Can't stop rockin'" honky tonk rock'n'roll a manetta, è la lezione di Mr. Chuck Berry e degli AC/DC, sentita cento volte, mille forse, ma che sempre centra l'obiettivo quando è proposta con la passione di questi sei outsiders e ti lascia con la voglia di ripartire daccapo.
In conclusione, prova superlativa e promozione certa per Frank Hannon che è riuscito ad imporre una propria personalità a questo progetto nonostante si tratti di musica comunque già sentita, ormai facente parte della tradizione direi. Questo è il rock americano da più di trent'anni ed è musica che non morirà mai così come accade per un disco di delta blues,  ti da la gioia o ti è vicino nella malinconia, ti fa venir voglia di ballare e di spaccare i timpani dei tuoi tristi vicini. Se non incideranno più poco importa, ci sarà sempre qualcuno che inciderà un disco del genere prima o poi. E vai così.

G_BARONCELLI




MOON DOG MANE: TURN IT UP  (1998)
produced by Frank Hannon

1.Turn It Up
2.I Believe
3.You Turn Me On
4.Peanut on a Plate 5.Sweet Southern Sound
6.Turn the Page
7.Watcha Gonna Do?
8.When I Thing About It Now
9.Let It Shine
10.Roll with the Punches
11.Times Are Changin'
12.Can't Stop Rockin'

TESLA: THANK YOU

mercoledì 13 aprile 2011

TESLA: CHI SONO COSTORO?

Band straordinaria uscita allo scoperto alla fine degli anni ottanta, alla luce dei fatti unica erede del grande hard rock americano settantiano che si è espresso ai massimi livelli con i leggendari AEROSMITH. Quintetto dalla grande personalità e dalle enormi doti tecniche, proveniente da Sacramento, California, penalizzato dal fatto di non appartenere esattamente al filone street metal che all'epoca veleggiava in classifica, né musicalmente né coreograficamente. La band è ancora viva e vegeta e fa musica di qualità, ripercorriamone quindi la storia.
Fine anni ottanta, il metal è ancora un affare marginale almeno da noi, in USA invece l’hard rock e lo street hanno fatto sfaceli anche in classifica e da lì a poco entreranno a far parte definitivamente del grande business anche bands più dure come METALLICA ed altro decretando così in qualche modo la fine della musica onesta e vera al 100%. Ma qui si potrebbe aprire un più lungo ed articolato capitolo per cui torniamo a Sacramento. Arriva sul mercato uno dei più bei debut albums di tutti i tempi, nientepopòdimeno che in uscita per la Geffen ed il nome del gruppo è uno dei più singolari che si siano sentiti fino a quel momento. Nikola Tesla era uno scienzato dalle grandi idee e dalla poca fortuna (celeberrimi i suoi tentativi di dare corrente al mondo intero gratis, sfruttando l'energia dei fulmini) sempre ostacolato e boicottato dai più famosi Edison e soci che la storia vuole assoggettati al sistema ed alle regole di mercato a differenza del buon Nik. All’epoca non approfondii più di tanto ma oggi sul web si può trovare roba veramente interessante riguardo alla sua attività (a proposito, sapevate che esiste una vettura interamente elettrica con motore trifase a corrente alternata che, alla faccia dei petrolieri, raggiunge una velocità massima di oltre 240 orari ed impiega appena 4 secondi per accelerare da 0 a 100 orari?).


Nikola Tesla

Bene, io comprai quell’album eccitato dalla recensione letta su HM, l’unica rivista italiana ad occuparsi di heavy metal in quegli anni (non ricordo se METAL SHOCK, nata successivamente, esistesse già). Mentre tutti i gruppi di successo sembravano più interessati al trucco, agli abiti sfavillanti, alla droga ed alle signorine più o meno di strada, questi cinque sbarbati si presentavano alle platee col loro hard rock seventies che più seventies non si poteva (gli altri arrivarono dopo) ed un bel set di brani che certamente dovevano molto ad AEROSMITH, VAN HALEN ed in qualche frangente anche PINK FLOYD.
Il duello chitarristico della velocissima "Cumin’ atcha live" è ancora ben vivo nella mia mente anche se non ascolto il vinile da anni ormai (quasi quasi lo metto su và…). "Modern day cowboy" era certamente un grande singolo, "Before my eyes" un brano con sonorità psichedeliche, "Love me", "Gettin’ better", "Rock me to the top" semplici, dirette ed ac/dc-style, "Changes" e "Little Suzie" semplicemente splendide, "Cover Queen" selvaggia, "We’re no good together" epica.
Un disco meraviglioso insomma, prodotto dalla premiata ditta Steve Thompson-Michael Barbiero, già di eccezionale qualità anche se il suono negli anni successivi è migliorato sempre più e con esso le già notevoli doti tecniche di tutti e cinque i ragazzi. Sinceramente non so se prima di questo ci sia stato qualche EP ma non mi pare esista nulla neanche dei CITY KIDD (prima la band si chiamava così), posso quindi affermare che debutti di questa qualità se ne contano sulle dita di un paio di mani al massimo!
Il secondo lavoro ce lo fecero aspettare però, quando avemmo tra le mani il disco, fu una grande conferma: suono più levigato ed allo stesso tempo più settantiano, grandi composizioni, un po’ di influenze blues qui e là (la slide del singolo "No way out") e soprattutto tre delle loro più belle songs di sempre, "Paradise", "The way it is" e "Love song". Una miscela perfetta di suoni elettrici ed acustici, arpeggi dolcissimi e riff potenti.
Eh si, i ragazzi sapevano suonare ed avevano grandi idee e lo dimostrarono l’anno seguente quando tennero una serie di concerti completamente acustici dando il via di fatto alla moda del tour e del disco unplugged anche prima di Clapton, spesso citato come pioniere di tale moda. Il disco, un doppio vinile, era spettacolare ed oltre ai classici della band rivisitati pescava a piene mani nelle loro influenze sixties e seventies: BEATLES, ROLLING STONES, CREEDENCE, GRATEFUL DEAD e via così, suonato e sudato, vero al 100%, ancora una volta evidenzia l'enorme differenza che esisteva tra questa e le miriadi di altre bands hard rock/glam metal che all'epoca affollavano il mercato ed alle quali i TESLA erano erroneamente accostati. "Quando diciamo che veniamo dalla California" affermò Brian Wheat, il bassista, in una delle prime interviste "ci dicono - ah siete di LA - invece no, siamo di un'altra razza!"





"Love song" in versione acustica (quasi!). Diversamente da quanto indicato nel titolo, non è tratta dal programma MTV Unplugged 

Dopo un breve tour si presero, ancora una volta, il loro bel periodo di pausa per ripresentarsi nel 1991 con un altro capitolo fondamentale della loro carriera ed uno dei miei favoriti: "Psychotic supper", l'album perfetto. Immersi completamente nella moda ormai imperante del ritorno ai seventies, erano fotografati in copertina con camicie a fiori e pantaloni a zampa d'elefante ed ancora una volta centravano l'obiettivo con una serie di composizioni magistrali. L'album si apre egregiamente con "Change in the weather" che parte dura per poi svilupparsi in un bel mid-tempo, suono strepitoso! "Edison's medicine" e "Call it what you want" hanno l'ormai classico TESLA sound ed uscirono anche come singoli con, sul lato B, covers di "Cotton fields" di Leadbelly, "Children's heritage" di Nitzinger e "Rock the nation" di Ronnie Montrose. "Don't de-rock me" è violentissima e con un break di batteria selvaggio, l'emozionante "Song & emotion" è invece dedicata a Steve Clark, il chitarrista dei DEF LEPPARD scomparso l'8 Gennaio di quell'anno. La chiusura del lato A (eh si, io ascolto ancora i vinili!) è affidata a "Time" che ha una struttura varia e vagamente psichedelica.



Lato B ed ancora tanta splendida musica, altri sette brani tra cui il migliore di tutti, "What you give", vero capolavoro. La canzone parte con un arpeggio acustico indimenticabile (tanto bello che Frank Hannon lo riprese anche nell'unico album dei MOONDOG MANE" di cui poi vi dirò), poi si sviluppa col solito TESLA style, suono elettro-acustico con intensi crescendo, splendido refrain ed harmony vocals, grandi assoli. Si, parliamo un pò di assoli e di chitarra in generale: la coppia Hannon-Skeoch è veramente formidabile e capace di meraviglie tecniche notevoli, Hannon in particolare è uno dei talenti più grandi venuti fuori nell'arco degli anni ottanta-novanta. Sopratutto grande compositore, non si perde in virtuosismi fini a se stessi come la stragrande maggioranza dei più noti nomi del metal, rimane invece sempre al servizio della canzone ma, credetemi, sa tirare fuori cose stellari dalla sua Gibson.

Frank con la sua band, in un rockeggiante classico degli ALLMAN BROTHERS

Ma torniamo all'album, bisogna citare ancora i 6 mins e 40 di "Freedom slaves", un'amara constatazione su quello che è la libertà negli Sati Uniti, il breve country di "Government personnel" e la trascinante "Can't stop". Fuochi d'artificio finali con "Toke about it"  ed il suo riff ossessivo, i cambi di tempo, il blues. Un album speciale, il migliore della loro discografia secondo me.
Probabilmente il periodo migliore della band termina qui; indubbiamente era difficile continuare in eterno su questi livelli anche perchè i tempi cambiano e cambiano le mode. Il suono street è passato ed il 70's revival anche, sono arrivati il grunge, le fusioni col rap, il nu-metal, poi i problemi personali di Tommy Skeoch. Una band come i TESLA, che non ha mai seguito le mode (casomai le ha precorse), che non si è mai assoggettata al business ed alle sue ferree regole del "batti il ferro finché è caldo" lascia passare altri tre anni prima di farsi risentire con "Bust a nut". Ed arriva la prima delusione, anche se parziale. Il lavoro è indubbiamente buono, ci sono ottime canzoni ed il suono delle chitarre è fantastico ma, ad un primo ascolto sembra che la cosa migliore sia l’unica cover presente (e questo non è buon segno); i TESLA fanno propria “Games people play” la celebre hit di Joe South, veramente splendida in questa versione. C’è bisogno di almeno un paio di ascolti per apprezzare le doti di quest’album, sicuramente l’opener “The gate/Invited” con i suoi cambi di atmosfera è ottima: preparazione con chitarre hard, poi lo stacco e un diverso e più potente riff, cambio ed arrivano le acustiche col cantato, il refrain ancora più dolce e finalmente il riff definitivo ma non è finita. “Shine away” è sullo stesso livello, inizio placido e successiva esplosione nell’orecchiabile refrain fino all’entusiasmante cambio di tempo, rallentato e pomposo con le soliste in continua ascesa. L’altro grande brano arriva verso la fine ed è “Rubberband” con le solite alternanze di suoni, la grande parte vocale e gli scambi negli assolo. Da ricordare anche la seguente dolcissima "Wonderful world". Il buon Gianni Della Cioppa dalle pagine di Metal Shock parlò del lavoro migliore della band anche se si accorse della presenza di diversi brani di routine. Per me i pezzi indimenticabili sono quelli che ho descritto, il resto, inserito negli albums di qualche altra band sarebbe oro ma dai TESLA ormai pretendevo troppo, così lo riposi insieme alle altre centinaia di titoli della mia collezione e lo dimenticai. Non fui l’unico comunque ed il mondo intero parve dimenticarsi dei TESLA; vennero alla luce i problemi di droga di Tommy Skeoch che lo portarono a lasciare la band salvo poi rientrarvi e di nuovo abbandonare, stavolta definitivamente. I ragazzi dapprima fecero diverse date in quartetto, poi decisero lo scioglimento.
Passarono gli anni, la musica hard cambiò ancora ed io, ammetto, presi a navigare presso altri lidi ma, in fondo, i TESLA mi mancavano. Poi finalmente un giorno rimasi folgorato da un paio di canzoni ascoltate alla radio (Rock FM) e grande fu l’entusiasmo quando scopersi che questi fantastici MOON DOG MANE che mi venivano proposti via etere erano la nuova creatura di Frank Hannon. Peccato che il lavoro non ebbe un seguito (ma non si sa mai!) ma l’interesse per i TESLA stava riprendendo. Nel 2000 acquistai “The world is a freak” dei BAR7 di Jeff Keith e Tommy Skeoch e poi finalmente la notizia. I ragazzi tornavano insieme e stavano registrando un nuovo album. Quando “Into the now” fece l’ingresso nel mio lettore CD ebbi la gioia di constatare che poteva esserci ancora buona musica. Certo, le canzoni ci mettevano sempre un po’ ad entrarti in testa e mancava l’entusiasmo che nei primi tre lavori ti travolgeva e ti faceva volare alto. Come da titolo, la band era ben integrata nel presente, così i suoni si erano fatti ancora più duri e naturalmente moderni, come è logico che sia per una grande band, sempre attenta all’evoluzione. Il primo brano a far breccia è la numero 4 (siamo nell’era del digitale) e poi “Words can’t explain” si candida ad una delle migliori del lotto. “Caught in a dream” è più scontata ma decisamente bella e se fosse stata un singolo degli AEROSMITH sarebbe passata ogni due ore su MTV. "Mighty mouse" è un bel pezzo muscoloso, poi le emozioni vere ritornano solo con le atmosfere acustiche della conclusiva "Only you".
Con dispiacere il gruppo si distacca definitivamete da Tommy, adesso finalmente tranquillo e preso dalla sua nuova paternità, e nel 2006 entra in formazione Dave Rude col quale vengono registrati i due albums di covers per la neonata etichetta personale e la, per ora, ultima fatica "Forevermore".


Come e più del precedente, il disco è perfettamente immerso nel nuovo millennio, non parliamo quindi di tristi operazioni nostalgiche nonostante i 25 anni di carriera. Jeff Keith, classe '58, sembra ancora un ragazzino, la sezione ritmica è sempre eccellente ed il nuovo innesto viaggia benissimo in coppia con Hannon. Rude tra l'altro ha anche una sua band nella quale ricopre anche il ruolo di lead singer. Il brano di apertura, la title-track, è subito una dichiarazione di intenti e sicuramente sarà un classico delle esibizioni live, la vedrei bene come chiusura concerto. Il suono è, come al solito, il più moderno possibile, chitarre potenti e ritmica figlie dalla lezione nu-metal, refrain istantaneamente memorizzabile,  Bello. Poi arriva il singolo “I wanna live” perfetto per le radio, tempo ultraveloce come veloce è la terza song.  “So what” segue riprendendo in parte le caratteristiche dell’opener, poi  arriva una mezza ballata, bella ma priva della "differenza" che ci aspettiamo dai nostri amici. Con “Fallin’ apart” si parla di cuori spezzati e lo sviluppo musicale probabilmente lo potete immaginare. Procediamo con l’ascolto, stiamo ancora aspettando il capolavoro perché, trattandosi dei TESLA ormai siamo sicuri che prima o poi arriverà. Dal modo in cui parte “Breakin’ free”, data una rapida occhiata al minutaggio superiore ai 5 minuti, si capisce subito che forse è la volta buona. La composizione gira bene, le chitarre hanno un suono particolare e viene proposto qualcosa di un po’ diverso dal solito ed ottimo cliché TESLA. La variazione centrale mi ha ricordato qualcosa degli INCUBUS. “All of me” purtroppo parte sembrando la versione rallentata di “I wanna live”  e “The first time” sembra francamente scontata. Si arriva alla fine con un pò di noia e solo il lungo assolo di "The game" risveglia l'attenzione. L'edizione in mio possesso contiene anche due bonus tracks ed un video, niente comunque di fondamentale.
Prima di questo lavoro erano usciti i due capitoli di "Real to real" composti solamente da covers, pescate dal repertorio di DEEP PURPLE, UFO, LED ZEPPELIN, THIN LIZZY, AEROSMITH, LYNYRD SKYNYRD e via dicendo, ovvero il meglio dell'hard rock che ha influenzato la formazione artistica del gruppo.
In questi giorni invece i ragazzi sono alle prese con nuove registrazioni, pare uscirà un altro album acustico. Io aspetto impaziente........forevermore
G_BARONCELLI

DISCOGRAFIA
troy luccketta DR, jeff keith VC, frank hannon GT, tommy skeoch GT, brian wheat BS

MECHANICAL RESONANCE (LP/CD) – geffen 1986
THE GREAT RADIO CONTROVERSY (LP/CD) - geffen 1989
FIVE MAN ACOUSTICAL JAM (2LP/CD) – geffen 1990
PSYCHOTIC SUPPER (LP/CD) - geffen 1991
BUST A NUT (CD) – geffen 1994
REPLUGGED LIVE (2CD) – sanctuary 2001
stampato anche in versione singola col titolo STANDING ROOM ONLY nel 2002
INTO THE NOW (CD) – sanctuary 2004
REAL TO REEL VOL 1 (CD) – tesla electric recording company 2007
REAL TO REEL VOL 2 (CD) - tesla electric recording company 2007
A PEACE OF TIME (CD) - tesla electric recording company 2007
EP speciale uscito solo per iTunes, 7 pezzi tra covers e nuovi arrangiamenti
FOREVERMORE (CD/2LP) - tesla electric recording company 2008
ALIVE IN EUROPE (CD) - frontier records 2010

L'inedito "Steppin' over" è presente solo nella raccolta TIMES MAKIN' CHANGES del 1995. Esistono altri inediti, un brano ad esempio è contenuto nella colonna sonora di LAST ACTION HERO. Alcune covers sono invece presenti come B-sides dei vari singoli.



giovedì 7 aprile 2011

FREDDIE KING: HAVE YOU EVER LOVED A WOMAN

FREDDIE "ROCK-BLUES" KING

Freddie King is a blues master, questo il titolo di un suo LP uscito nel 1969: io direi "is a rock-blues master" ed aggiungerei "mai troppo celebrato". Freddie infatti è stato la massima influenza per decine di grandi nomi (Eric Clapton in primis) ed è il padre di tutto il rock blues  di stampo texano ma, purtroppo, se ne è andato troppo presto, quando il blues era ancora "roba da neri" e non era entrato definitivamente a far parte della cultura globale. Nato a Dallas nel 1934, impara sin da bambino a suonare la chitarra e già a sedici anni si reca a Chicago dove ha modo di apprendere i segreti dell’elettrica da Jimmy Rogers e da tutti i grandi musicisti che fanno parte della fantastica scena dell’epoca. Freddie è già molto bravo, sta mettendo a punto la sua fulminante tecnica, collabora all’incisione di qualche brano di altri bluesmen finché viene notato da Sonny Thompson, produttore e pianista, che lo mette sotto contratto e lo fa incidere per la Federal per circa sei anni. Il primo brano è la mitica “Hideaway”, poi ci sono “I’m tore down”, “The stumble”  ed altre. Successi clamorosi e leggendari banchi di prova per aspiranti chitarristi, addirittura Freddie si ritrova in classifica con sei brani nella top ten R&B. I suoi strumentali diventano un marchio di fabbrica fin troppo sfruttato quando si decide di fargli incidere brani surf, bossanova e twist giusto per scalare le classifiche.


il primo singolo, Hide away su etichetta Federal

Tornato in Texas, a Dallas, il nostro eroe incide sotto la produzione di King Curtis un paio di albums e poi, finalmente, arriva un certo Leon Russell che lo mette sotto contratto con la Shelter per tre LPs che contengono il meglio del rock blues texano anni settanta, una serie impressionante di classici del rock rivisti alla sua maniera, vecchi classici modernizzati e brani appositamente scritti per lui da Leon. In questi dischi troviamo quindi le versioni definitive di "Same old blues", "Going down", "Key to the highway", "Ain't no sunshine", "Hideaway", "Tore down", "Palace of the king", "Woman across the river", "Big legged woman", "Me and my guitar", "The sky is crying".

GETTIN' READY (1971) Shelter Records
TEXAS CANNONBALL (1972) Shelter Records

WOMAN ACROSS THE RIVER (1973) Shelter Records

Questi fantastici albums sono stati raccolti nel 1995 in un bel doppio CD edito dalla EMI e, per rendere la cosa più ghiotta, sono state aggiunte diverse tracce inedite risalenti a quello stesso periodo. In tutto sono 41 imprescindibili pezzi, non so se il cofanetto si trovi ancora ma invito ogni appassionato di blues a darsi da fare per procurarselo. Buon ascolto.

G_BARONCELLI



KING OF THE BLUES (2CD 1995) Emi

 La splendida GIBSON ES 355 STEREO. L'esemplare in foto, anno 1967 e numero seriale 580445, pare sia appartenuta proprio a Freddie e apparve tempo fa su ebay 


mercoledì 6 aprile 2011

POPA CHUBBY: BOOTY AND THE BEAST (1995)

Quando una serie di elementi si incontrano, poco importa se per un caso fortuito o perchè siano attratti l'un l'altro da qualche ignota energia cosmica, può avvenire il miracolo; l'alchimia tra i vari soggetti coinvolti sprigiona energia positiva, tutto gira alla grande, accadono cose inaspettate ed irripetibili e non è chiaro quanto questo risultato sia cercato e quanto solo casuale. Quando uno dei protagonisti di questa magica storia però si chiama Tom Dowd, noto produttore Atlantic responsabile dei più grandi capolavori di Aretha Franklin, Otis Redding, Allman Brothers Band, Lynyrd Skynyrd, Eric Clapton e via di questo passo, beh, forse proprio un caso non è. Anche perchè l'altro elemento si chiama Ted Horowitz, è nato nel Bronx trentacinque anni prima ed ha da poco vinto un premio come miglior nuovo artista blues, ha già inciso un paio di albums, ha una personalità ed un look prorompenti e tanta voglia di sfondare.


Sono passati un pò di anni da quel 1995 in cui arrivò nei negozi di dischi questo piccolo gioiello stampato nientepopòdimeno che su gloriosa etichetta Okeh (Sony Music). Incuriosito dall'ottima recensione che lessi su Buscadero, mi affrettai ad acquistarlo e subito venni conquistato dalla grande musica ivi contenuta, così diversa da ciò che la copertina poteva lasciar presagire. La partenza bruciante avviene con "Palace of the king" (Leon Russell-Don Nix-Donald Duck Dunn) dal repertorio di Freddie King: accelerata e selvaggia, mette subito in chiaro di che pasta è fatto il "non magrissimo" chitarrista newyorkese che canta anche con grande forza ed espressività. "Looking back" è di Johnny Guitar Watson e la incise John Mayall in un raro singolo (fine anni sessanta, Peter Green alla chitarra). Popa ammoderna il tutto ed esibisce al meglio il suo fraseggio blues come del resto fa nel superclassico "Same old blues" (ancora Freddie King ed ancora dalla penna di Don Nix), piano, hammond ed una Stratocaster da manuale. Le covers finiscono qui, il resto è tutto a firma Horowitz e non è da meno. Ci sono due dei suoi migliori brani di sempre, "Sweet goddess of love and beer", calda, melodica e coinvolgente e "Stoop down baby", funkeggiante come "Anything you want me to do". C'è il roccaccio di "Low down and dirty" e c'è l'ombra di Howlin' Wolf in "Waitin' for the light" e quella di Tom Waits in "Sweat". Un disco senza punti deboli che ricevette consensi unanimi ovunque e, come detto, mi piacque immediatamente al punto che decisi di non perdermi una delle prime apparizioni sui palchi italiani, all'Auditorium Flog di Firenze. Fu un grande show, energico, sudato e bello carico di decibel; i timpani della non foltissima platea ebbero di che bearsi quella sera ed alla fine ci fu anche il regalo di "Rock'n'roll" di Zeppeliniana memoria. Teddy fu piuttosto disponibile after the show e firmò autografi a tutti, scambiammo due battute e mi diede l'impressione di essersi veramente divertito.


il booklet di HIT THE HIGH HARD ONE autografato

Una buona testimonianza di quel periodo è l'ottimo HIT THE HIGH HARD ONE, registrazione dal vivo con l'unico difetto di sfumare dopo soli 67 minuti, che ricorda abbastanza lo spettacolo che vidi a Firenze. Il disco si apre alla grande con "Heartattack and vine" di Tom Waits e prosegue con l'esplosiva "Trail of tears". Non mancano il blues lento  di "Long distance pain", lo scatenato swing (Bugs Henderson style) di "Caffeine and nicotine" ....two of my favourite things....la presenta l'amico, la dylaniana "Isis" e la littlewinghiana "San catri". La bomba finale la sgancia con "Wild thing" uno dei riff più hendrixiani mai interpretati dal mancino di Seattle seppur scritta da mr. Chip Taylor.

21 Febbraio 2003, JUX TAP, Sarzana (SP)


L'ho rivisto diverse volte, Jux Tap o Pistoia Blues Festival, e sempre si è confermato quello che si dice un animale da palcoscenico anche se probabilmente spesso esagera in alcune cose.
La magia non dura in eterno e mai più, fino ad oggi, lo spavaldo chitarrista si è avvicinato a questi risultati; solo qualche buon brano sparso qua e là nell'ormai copiosa discografia, buone sicuramente le prove dal vivo, ottimo quel LIVE IN NEW YORK CITY del quale ricordo una stupenda "Walk on the wild side". Difficilmente però la qualità è direttamente proporzionale alla quantità e di dischi marchiati Popa Chubby ne sono veramente usciti a dozzine, da solo o con la moglie Galea, in studio o dal vivo, tributi ad Hendrix e dischi di hard rock. Popa si autoproduce, si autocelebra, ha una sua casa discografica e dal vivo è solito esibirsi anche con un assolo di batteria (ma lascia perdere!!!). Peccato, Tom Dowd non c'è più, Jim Dickinson neanche, chi potrebbe riportarlo sulla retta via?
 
G_BARONCELLI

martedì 5 aprile 2011

CALVIN RUSSELL: TEXAN REBEL

Avevo pensato ad una bella presentazione per il mio esordio su blog, alla recensione di qualche capolavoro, di qualche mio disco da isola deserta, invece ho appreso proprio ieri della scomparsa di Calvin Russell, il grande cantautore texano, uno dei tanti musicisti che amo. Non posso quindi che dedicare a lui il primo post di questo mio blog musicale e lo faccio, con tristezza certamente, ma col piacere di dedicare il mio spazio ad uno dei miei eroi.
Nato nel 1948 in Texas, nonostante cominci a suonare già a 12-13 anni, riesce ad incidere il primo album solo nel 1990. Si tratta dell'ottimo "A crack in time": chitarre, pedal steel, piano, uno stile asciutto, musica che arriva subito al cuore anche se non vi vorrete cimentare nella traduzione delle liriche, poesia, amarezza, durezza. Poco conosciuto in patria è invece particolarmente seguito in Francia, tant'è che, scoperto dal patròn della New Rose Patrick Mathe, incide e si esibisce sopratutto proprio nella vecchia Europa.
Album dopo album aumenta la sua notorietà, anche se parliamo sempre di una ristretta cerchia di appassionati, fino ad arrivare a "Dream of the dog" del 1995 e finalmente all'autointitolato album del 1997, per me il suo capolavoro.
Registrato a Memphis TN con la produzione di Mr. Jim Dickinson (R.I.P.), si avvale dei servigi di musicisti come Luther Dickinson e Chuck Prophet (grandissimo) alle chitarre, lo stesso Jim alle tastiere, Roger Hawkins e David Hood rispettivamente batteria e basso (...now Muscle Shoals has got the swampers...). Ma tanti nomi non sarebbero sufficienti se non fossero grandi le canzoni a partire dall'iniziale "Let the music play", prima solo voce, poi soulful harmony vocals e via col tempo, lento e meditato, hammond in sottofondo e fraseggi del Dickinson figlio.
"Nothin' can save me" segue ed è ancora stupenda: piuttosto tradizionale nel giro, voce leggermente nasale ed ancora dei caldi cori: ...not all your money / not kind of philosophy / can ever save me from myself....
"I want to change the world" rockeggia di più, col suono tagliente di Prophet, uno dei più grandi chitarristi "minori" che io conosca, assolo in crescendo e finale epico. Poi un'altro capolavoro, il mandolino introduce "Desperation" tratta dal repertorio degli Steppenwolf, una superba interpretazione ed un sublime arrangiamento. Calvin canta con propria disperazione uno dei più bei pezzi dei lupi della steppa e Prophet ci mette del suo. 10 e lode!!!
"Lovin' you"  è una country ballad, segue un altro picco interpretativo, "Mr mudd and Mr gold", granitica, con nuovamente un gigantesco Prophet ed un cantato evocativo da parte del nostro eroe che inietta una dose di energia pura in questo capolavoro di uno dei suoi maestri, Townes Van Zant. Una bomba!
"My love is so" e "Time flies" riportano la calma. Poi è poesia ....wrap a rainbow round the milky way in a bouquet just for you .... sono alcuni dei versi della brevissima "Cut the silver strings".
Chiude la cadenzata "Drive by", stupenda, nuovamente elettrica, che lascia con la voglia di ulteriore musica. Ma il disco termina qui, ottima scelta anche quella di non mettere troppa carne al fuoco, sono comunque dieci pezzi per circa 43 minuti, il classico LP di una volta.
Le fotografie che corredano l'opera sono le magiche ed affascinanti immagini di Michael Fatali, un fotografo straordinario del quale invito ad approfondire la conoscenza.
Calvin ora ci ha lasciati, un tumore al fegato se lo è portato via a poco più di sessant'anni. Riscopritelo, la sua musica e la sua poesia saranno per sempre nel mio cuore.
 
G_BARONCELLI




CALVIN RUSSELL - 1997

1. Let the Music Play
2. Nothin' Can Save Me
3. I Want to Change the World
4. Desperation
5. Lovin' you
6. Mr. Mudd and Mr. Gold
7 My Love is So
8. Time Flies
9. Cut the Silver Strings
10. Drive By