sabato 9 marzo 2013

DAN LAMPINSKI

Stavolta non recensirò un disco oppure un concerto che mi sta particolarmente a cuore. Questa volta voglio parlare brevemente di una persona, un appassionato di musica come noi, un leggenda per tutti gli appassionati di registrazioni live.
Dan Lampinski è un signore cresciuto con la passione per la musica che si è poi trasformata in mania per la registrazione più fedele possibile. Facendo parte della "generazione giusta", Dan ha avuto l'opportunità di vedere dal vivo più o meno tutti gli artisti che fanno parte della storia e, grazie alla sua passione, gli appassionati di ROIOs possono sollazzarsi con ottime registrazioni, godibili al pari dei dischi ufficiali, di gente come Yes, Genesis, Pink Floyd, Queen, Blue Oyster Cult, Frank Zappa, Lynyrd Skynyrd, Jethro Tull, ELP, Kiss, Black Sabbath, The Who, Allman Brothers, Jeff Beck, Bruce Springsteen, Supertramp, Neil Young, The Faces, Rush, Kansas e molti altri. Robetta vero?
Attivo nell'area di Providence/Boston, principalmente tra il 1974 ed il 1978, cominciò con registrazioni di qualità non eccelsa per migliorarsi via via  catturando alcuni memorabili momenti nella storia del rock. Al top della sua "carriera" Lampinski disponeva di une registratore Nakamichi 550 a cassette (Maxell) e due microfoni Nakamichi CM-300 e sopratutto riusciva sempre a posizionarsi nel punto migliore della hall. Registrava per se stesso ed alle volte per gli amici, il materiale raccolto non vide mai la luce su bootleg, conservò per anni il tutto con la massima cura e solo recentemente la maggior parte delle sue registrazioni hanno cominciato a circolare tra i traders. Il tutto è tratto dai masters, non è stato equalizzato, di solito è disponibile naturalmente in FLAC (a morte gli MP3) sia a 16 bit che a 24 per chi vuole masterizzare su DVD audio.
Naturalmente il materiale deve essere diffuso per la gioia della condivisione ed assolutamente senza lucro, non dimenticando di rendere onore alla generosità di un grande.


 
Voi non avete idea (oppure si? Fatemi sapere) del gusto che si prova prima di tutto a scovare, nel marasma di offerta attualmente sul web, una registrazione eccellente del proprio gruppo preferito, parlo di una registrazione professionale e paragonabile per qualità audio quasi ad un prodotto ufficiale poco ci manca.
La cosa che stuzzica l'appetito è il poter ascoltare un conceto "vero" al 100%, privo di qualsiasi manipolazione, che ti fa immaginare di essere lì, ti fa sentire il calore ed il sudore del pubblico, ti fa ascoltare ogni singola nota partorita dagli strumenti e sparata dall'impianto. E' tutto vero, non ci sono scuse, c'è tutta la grandezza delle bands che hanno creato il rock, lontani dall'epoca dei computers, lontani anche dall'epoca dei correttori vocali (una vergogna), il pubblico è quello vero e sottolinea con il proprio entusiasmo la grandezza dei grandi che sono sul palco. Se pensate che praticamente tutti gli albums dal vivo passati alla storia sono comunque solitamente tratti da diversi shows, anche quando le manipolazioni sono al minimo si tratta comunque del meglio di due, tre o più serate. Davanti ad un ROIO (Recording Of Illegitimate Origin) non ci sono scuse, potete apprezzare la grandezza dell'artista ma potete anche imbattervi in una piccola incertezza, in un colpo di tosse, in un fischio o magari nella rottura di una corda delle chitarra e dovete attenderne la sostituzione prima di ascoltare il prossimo brano!


 
Volete un esempio? Recentemente sono venuto in possesso di un fantastico concerto dei LYNYRD SKYNYRD, 27 Agosto 1976, ovvero poco più di un mesetto dopo rispetto alle date con le quali è stato confezionato il leggendario One More From The Road, la formazione è quella esplosiva con le sei corde di Rossington, Collins e Gaines. Lo spettacolo non è lunghissimo (i ragazzi quella sera aprivano per Jeff Beck e Jan Hammer e Dan ha registrato anche loro), i brani sono quelli più conosciuti ma vi posso assicurare che se vi siete entusiasmati nel sentire i duelli finali che hanno fatto grande Free Bird, ascoltando questa versione vi strapperete i vestiti, sarete travolti dalle urla di entusiasmo del pubblico (FORTUNATI LORO!) e dall'applauso ininterrotto che accompagna ogni secondo dell'assolo fiume, rendendo questa versione dieci volte più entusiasmante di una qualsiasi delle decine che avrete ascoltato fino ad oggi. E' una sensazione indescrivibile. Ascoltate e godete.
Oggi è facile presentarsi ad un concerto con un piccolo digital recorder ed ottenere risultati inimmaginabili fino a pochi anni fa ma negli anni settanta non deve essere stato facile. Onore a Dan Lempinski, cercate le sue registrazioni e buon divertimento.
 


G_BARONCELLI

domenica 4 novembre 2012

TOMMY CASTRO, NUMERO UNO!


PREMI PLAY E LEGGI L'ARTICOLO, GRAZIE
 


Stavolta mentre leggete queste righe dedicate ad un altro grande musicista, Tommy Castro from San Josè. California, classe 1955, potete sollazzare i vostri timpani con un pò di musica; ecco a voi la mia prima recensione multimediale :)
"Questa blue-collar rock'n'soul band non fa prigionieri" è scritto sul retro copertina di LIVE AT THE FILLMORE, e non esiste niente di più vero. La Tommy Castro Band sicuramente non propone nulla di nuovo ma è veramente quanto di più "hot" possa esserci in circolazione. Il disco dal vivo propone una selezione di pezzi tratti da RIGHT AS RAIN, qualcuno dai dischi precedenti come il focoso funky di Nasty Habits e la possente Can't Keep A Good Man Down e si conclude nientepopòdimenoche con una spettacolare versione del classico di James Brown che state ascoltando se avete premuto PLAY, un'intoccabile che Castro ha il coraggio di affrontare con nonchalance e risultati eccellenti. 
L'album è uscito nel 2000 ma io ho conosciuto Tommy un paio d'anni prima, con l'acquisto di RIGHT AS RAIN. Fino ad allora era per me un emerito sconosciuto e non devo essere stato l'unico. Il californiano ha fatto una lunga gavetta ed è arrivato ad incidere il primi disco solista solo negli anni novanta: grande voce, ottimo manico, un musicista da conoscere e seguire. L'attenzione del negoziante che me lo propose fu attratta dalle note di copertina che lo descriveva come chitarrista influenzato da Steve Ray Vaughan, Duane Allman e Bill Gibbons, un rapido ascolto e subito me lo portai a casa anche se con Stevie ha in comune solo la Stratocaster o poco più e con i due Gibsoniani neanche quella!!! Ha invece una bella e caldissima voce, siamo dalle parti di un ruggente Otis Redding, Castro però è anche un eccellente chitarrista e ci da dentro che è un piacere lungo tutta la durata del disco.
Bisognerebbe ora aprire una parentesi affrontando un tema a me caro, ovvero: il blues è tutto uguale, i giri sono sempre gli stessi, di musicisti più che bravissimi ce ne sono in quantità MA? Si, c'è un ma, esiste un qualcosa in più, c'è un alchimia che alcune volte viene miracolosamente raggiunta e rende il disco un pò più attraente rispetto alla massa di opere simili, in alcuni casi decisamente più attraente, in rari casi ti fa cappottare dalla gioia ed è allora che il dardo di Cupido ti trafigge senza pietà e ti spinge a posizionare il disco sulla bacheca dei preferiti, per sempre. Sicuramente passato il primo entusiasmante periodo in cui lo suonerai quattro volte al giorno calerai poi la dose, ma prima o poi quel disco finirà per essere riascoltato e ti darà sempre lo stesso piacere.
RIGHT AS RAIN appartiene a questa categoria, un blues soul venato di rock'n'roll frizzante, caldo, eccitante che coinvolge dalla primo all'ultimo dei suoi 50 minuti di durata. Questo piccolo combo, Tommy chitarra e voce, Randy McDonald al basso, Billy Lee Lewis alla batteria ed il grande Keith Crossan al sax, fa miracoli già con l'irresistibile Lucky In Love travolgendo immediatamente l'ascoltatore, perpreta l'assedio sonoro con Like An Angel, memphisiana e molto vicina al sound creato dalla band di Delbert McClinton. Delbert è in effetti il primo artista che mi è venuto in mente appena ho scoperto Castro, sono molto vicini sia vocalmente che musicalmente, in più Tommy suona splendidamente la sua Stratocaster. Un altro dieci se lo becca la title track ma non c'è un pezzo in tutto l'album che denunci un calo di ispirazione, quasi tutti brani originali e poche covers, i nomi trattati sono quelli di Steve Cropper, Isaac Hayes, Dozier & Holland, eccellente RB e soul with the capital S come dicevano i Tower of Power.
Dal repertorio di Sam And Dave ecco Don't Turn Your Heater Down che ospita, guarda caso, proprio Delbert McClinton e si fa fatica a distinguere i due. Poi I've Got to Love Somebody's Baby che cantava il grande e dimenticato Johnnie Taylor. Siamo solo a cinque pezzi ma lo stereo brucia, è raro ascoltare un cantante di tale intensità; I Got To Change scorre via come l'olio, poi If I Had A Nickel, tempo più lento e passione in costante crescendo, è un altro degli highlights del disco. La fiatistica e swingante Calllin' San Francisco contiene uno dei più focosi passaggi "a salire" che mi sia capitato di ascoltare. Just A Man potrebbe portare la firma di Otis Redding o Sam Cooke invece è di Tommy.
Chairman Of The Board è un super shuffle con organo in bella evidenza (gli ospiti dell'album sono gente come Dr John e Jimmy Pugh), poi abbassamento e via con l'assolo in crescendo (ecco Steve Ray che viene fuori), cambio di tonalità, altro abbassamento, botta e risposta tra la voce solista e le backing vocals e nuovo crescendo finale. Poi è il funky di My Kinda Woman che ci fa muovere le chiappette, sembra di ascoltare James Brown e non si riesce a non saltare qua e là per la stanza. Le emozioni volgon l termine, la Tommy Cstro Band ci saluta con un altro shuffle trascinante. Sembra di assistere alla gioiosa conclusione del concerto di una di quelle big bands di mostri sacri, tipo B.B.King, che terminano lo show con questi brani sui quali presentano i musicisti e salutano, scendono dal palco mentre la band continua a suonare a luci completamente accese e ti mandano a casa col sorriso che ti attraversa il viso da parte a parte. Anche Tommy Castro è uno di questi grandi, questo disco è fino ad oggi il suo punto di riferimento, i precedenti sono serviti da preparazione, i seguenti lo hanno, secondo me, scimmiottato un pò senza raggiungerne la bellezza. Con HARD BELIEVER del 2009 ha colpito di nuovo catturando di nuovo la mia attenzione ed inserendo qualche piccola novità nelle sonorità scelte.
E' già stato in Italia ma non ho potuto vederlo, spero di averne presto l'occasione, siete tutti invitati.


G_BARONCELLI

mercoledì 31 ottobre 2012

GOV'T MULE !!! THE FILLMORE, San Francisco CA, 10-23-1999

 
Sono un collezionista, dischi in vinile (meglio se originali), CDs ma sopratutto sono le registrazioni dal vivo che mi hanno sempre attratto in particolar modo. Fin da giovinetto cominciai a scambiare cassette con altri collezionisti italiani entrando nel mondo dei cosiddetti tapetraders, più avanti i tapes si sono trasformati in CDs, il fronte di amicizie si è allargato a dismisura con internet ed ho così potuto scambiare massiccie quantità di registrazioni con amici tedeschi, inglesi, americani ed altri paesi del mondo. Oggi poi la tecnologia è venuta incontro anche a chi non ha voglia di prendersi la briga di duplicare i CDs, impacchetarli ben bene e passare metà del pomeriggio all'ufficio postale; abbiamo internet ed i torrent, basta fare una bella ricerca e con un click ci scarichiamo tutto, o quasi, ciò che ci interessa.
Coloro che si divertono a registrare all'estero tra l'altro non lo devono fare di nascosto e sono molto più professionali, la moda lanciata dai GRATEFUL DEAD già negli anni settanta e sessanta di registrare ogni singolo spettacolo dal vivo e lasciare ai fans l'opportunità di farlo liberamente ha fatto proseliti. Il tutto naturalmente senza nessun scopo commerciale, queste bands, che dal vivo rendono decine di volte più che in studio, non hanno certo paura di far catturare l'attimo ai fans, certi tra l'altro che più si diffondono le registrazioni e più aumenteranno i fans al prossimo concerto e molti di loro compreranno anche i dischi regolarmente immessi sul mercato. I PHISH alcuni anni fà sono diventati il gruppo col maggior seguito al mondo grazie a questa politica.
Il fan viene a sentirti in concerto, paga un biglietto non certo economico che si và a sommare spesso alle spese del viaggio, perchè non dovrebbe essere libero di catturare quella musica che ha pagato e portarsela a casa? Tant'è vero che ad esempio gli ALLMAN BROTHERS hanno cominciato negli anni novanta a registrare ogni singolo concerto in tempo reale e, chi lo desidera, uscendo dal locale alla fine dello show può passare alla cassa a ritirare il suo bel doppio o triplo CD completo di copertina naturalmente. Questi sono chiamati Instant Live. La cosa funziona anche commercialmente e lo hanno dimostrato i PEARL JAM quando registrarono tutte le date di un tour (europeo mi pare di ricordare) e le mandarono nei negozi, fino ad allora i signori delle case discografiche avrebbero considerato la cosa un suicidio commerciale, oggi sappiamo che non è così.
Naturalmente perchè la cosa abbia un senso bisogna che il gruppo faccia la sua parte, mi spiego meglio. Non deve essere un gruppetto di cacca (sarò buono) da classifica ma deve offrire una certa varietà, certo se la scaletta fosse la stessa tutte le sere, anche se suonata in modo eccezionale, non avrebbe senso procurarsi più date dello stesso tour. Nel caso dei gruppi che seguo con più interesse infatti non è così, la proposta è ANCHE TROPPO varia nel caso ad esempio dei GOVERNMENT MULE, si può provare a procurarsi le registrazioni di una trentina di concerti cronologicamente susseguenti ed avere altrettanti spettacolari concerti diversissimi tra loro, molte volte anche grazie all'occasionale presenza di vari ospiti che arrichiscono il menù.
Mi sono innamorato dei GOV'T MULE, i Muli come li chiamiamo noi, tanti anni fà, nel 1995 o 6, quando acquistai quasi casualmente il loro spledido esordio autointitolato, con quell'enigmatica copertina e le dodici tracce elencate sul retro tra cui Mr Big che tanto speravo essere la cover di uno dei brani migliori dei grandissimi FREE (ed infatti appena lo ascoltai ebbi la conferma). Due dei musicisti rappresentati sul retro copertina mi erano del tutto sconosciuti, l'altro era Warren Haynes, suonava negli ALLMAN BROTHERS ed era il vero artefice della loro rinascita artistica, ma all'epoca la cosa non era ancora chiara a tutti. Ma non voglio qui recensire questo disco meraviglioso, vi dico solo che quando lo ascoltai quasi svenni dal piacere, propio come mi successe diversi anni prima quando ascoltai Made In Japan dei DEEP PURPLE.
Oggi arrivo a casa, mi avvicino alla libreria e pesco a caso un CD, salta fuori un doppio dal vivo, uno dei pezzi della mia collezione, due ore ed un quarto di intense emozioni, mi viene voglia di scrivere qeste righe. Che si tratti dei Muli lo avete capito, lo spettacolo risale al 23 Ottobre 1999 quindi parliamo dei Muli DOC, quelli veri, il trio originale, quelli con quel suono possente e fantasioso, quelli che oltre ai loro brani proponevano covers di tutte le mie bands preferite degli anni settanta, HUMBLE PIE, FREE, GRAND FUNK, MOUNTAIN e via così. Quelli che non avevano avuto ancora neanche la minima incertezza, l'ispirazione era al massimo e di lì a poco avrebbero pubblicato il loro capolavoro discografico, Life Before Insanity, per la prima volta registrato con la collaborazione di un tastierista, Johnny Neel,  ad ampliare la gamma di suoni emessi dal granitico trio fino a quel momento. Di lì a poco però avrebbero subìto il grave lutto che li cambiò per sempre, meno di un anno dopo Allen Woody non si sarebbe più risvegliato e la magia non fu mai più la stessa.

Allontaniamo però i pensieri tristi, tuffiamoci nela musica. Quella sera al Fillmore di San Francisco i fortunati presenti assistettero ad un energico primo set comprendente anche un paio di anticipazioni dal nuovo album, Bad Little Doggie e Life Before Insanity già da tempo proposte dal vivo, una splendida jam comprendente She Said She Said e Tomorrow Never Knows dei BEATLES ed una zeppeliniana How Many More Years (scritta però da Howlin' Wolf) oltre naturalmente al manifesto Mule posta in apertura.
Breve pausa e poi ecco il secondo set: Warren chiama il primo ospite e gli astanti vedono salire sul palco Gregg Allman a dare inizio alla seconda parte della jam. E' Soulshine a dare il via, cantata a metà dai due, poi Dreams a proseguire il repertorio allmaniano. Poi un'altro gradito ingresso, John Popper, che arricchisce con la sua armonica Before The Bullets Fly scritta da Haynes e John Jaworowicz per l'album solista di Gregg del 1988. Segue Stormy Monday poi, dopo aver ascoltato i Muli e gli Allman Brothers ecco i Blues Traveler, così siamo a tre gruppi al prezzo di uno! John Popper innesta due pezzi dal repertorio della sua band, Low Rider e Mountain Wins Again. Fine concerto sembra, ma le sorprese non sono finite: per i bis ecco Audley Freed prima e Chris Robinson poi, giusto per scomodare anche i BLACK CROWES, un paio di classici strepitosi come 32-20 Blues e The Hunter con la solita festa in nome della Musica.
Puro divertimento per il solo piacere di suonare con gli amici, che in questo caso sono anche musicisti di prim'ordine.

G_BARONCELLI


domenica 28 ottobre 2012

RELICS: JUNIOR WELLS AT TELARC

Il business discografico è fatto anche di mode, trends, corsi e ricorsi, chiamateli come volete, quando un disco suscita interesse ed ha successo ecco che tutti cercano di riproporne la formula applicandola in modo più o meno vincente fino alla saturazione ed alla noia, finché qualcuno tira fuori qualche altra novità. Così è stato per il disco unplugged, il disco di covers, il disco di duetti, fino alle edizioni potenziate, deluxe, che tante volte propongono interessanti inediti e molte altre vanno a raschiare il barile fino oltre il lecito.
I dischi dei quali ho voglia di parlare oggi appartengono a quella categoria di pubblicazioni che vedono un musicista della vecchia guardia, in questo caso un "vecchio" bluesman, un padre, uno degli originali, attorniato da tutta una serie di artisti attuali ad impreziosire nuove composizioni ed ammodernare i cavalli di battaglia del titolare del lavoro. Come i vari B.B.King, John Lee Hooker, Albert Collins e via dicendo, anche Junior Wells si è visto assegnare dalla propria casa discografica una serie di eccellenti musicisti, nomi più o meno altisonanti capaci di garantire un'audience più ampia di quella che il leggendario artista avrebbe potuto attirare a sé all'epoca della pubblicazione. Questa in fondo l'idea di base di questo tipo di progetti.


 

Una vera leggenda dell'armonica come Amos Wells Blakemore Jr approda in casa Telarc negli anni novanta e pubblica tre dischi in studio ed un live. Dopo un bypassabile BETTER OFF WITH THE BLUES (1993), arriva EVERYBODY'S GETTIN' SOME (1995) che contiene un blues non ortodosso molto funkeggiante e ricorre al "trucchetto" delle guest appearances, poi COME ON IN THIS HOUSE (1997) che è uno dei più belli di tutta la sua carriera. Il disco è puro blues elettrico ed acustico, registrato con la partecipazione di una serie di superlativi chitarristi slide, nomi come Derek Trucks, Bob Margolin, Tab Benoit, Alvin Youngblood Hart, Sonny Landreth, Corey Harris, i migliori sulla piazza insomma. Col ricorso a talenti del genere e ad autori come Sonny Boy Williamson, Arthur Crudup, Little Walter, lo stesso Wells ma a sorpresa anche Tracy Chapman, ciò che ne viene fuori non può che essere di eccellente livello. Il disco, con il cantato passionale di Junior e la sua magistrale armonica mai invadente, si può considerare quasi una bibbia per aspiranti chitarristi slide e comunque un capitolo da non perdere per tutti gli amanti del blues. Se analizziamo la sua discografia scopriamo che in effetti Amos non ha inciso molto a suo nome, più che altro dischi dal vivo ed altri condivisi col compagno di sempre Buddy Guy. COME ON IN THIS HOUSE si và quindi a piazzare proprio al fianco del famoso esordio HOODOO MAN BLUES (1965 Delmark), disco che fece conoscere al mondo la fenomenale harmonica del grande bluesman e rappresenta il "faro" di tutta la sua carriera. Dall'iniziale splendida rendition della nota That's Alright Mama, una delle più belle versioni ascoltate  con un lavoro eccellente da parte di Derek Trucks ed un assolo strepitoso, fino al conclusivo trascinante shuffle di The Goat, ci troviamo catapultati nella casa del blues raffigurata in copertina passando per capolavori come la title track, She Wants To Sell My Monkey o Mistery Train. Molti dei quattordici brani sono fantastici, il suono è maledettamente cool, i chitarristi come detto sono paurosamente bravi e Junior è ancora al top della forma anche se purtroppo pochissimo tempo dopo una grave malattia se lo porterà via per sempre. Questo diventa quindi il suo testamento sonoro, splendido con la sua alternanza di brani elettrici ed acustici, la sua freschezza e vitalità impareggiabili. Dopo quest'ultimo lavoro solo un live (AT BUDDY GUY'S LEGENDS) ed una partecipazione come guest star a BLUES BROTHERS 2000.
Le doti di questo disco sono universalmente riconosciute però mi preme parlare anche del disco di due anni precedente perchè trovo sia ingiustamente sottovalutato.  Anche qui tanti ospiti e, come recita il titolo, ognuno ci mette qualcosa di suo per raggiungere l'obiettivo: apertura affidata all'affascinante Sweet Sixteen (Al Green) e poi subito due ospiti eccellenti nella title track, Bonnie Raitt alla voce e la possente e riconoscibilissima slide guitar di Sonny Landreth. Poi Junior spara uno di quei funkettoni che poco piacciono ai puristi e che lo avvicina alle sonorità tipiche del godfather James Brown; l'armonicista è sempre stato un ammiratore di Brown ed ha già affrontato questo tema in gioventù tant'è vero che ripesca brani come You're Tuff Enough e I Can't Stand No Signifyin' da un suo sottostimato album del 1968 intitolato per l'appunto YOU'RE TUFF ENOUGH, al momento quasi introvabile, prodotto ed in gran parte composto da Jack Daniels per la Blue Rock, una sotto-etichetta della Mercury, pieno di funk, fiati e poca armonica, così si disse all'epoca.

 

Sulla stessa lunghezza d'onda anche Standing On Shakey Ground (TEMPTATIONS), Use Me del grande Bill Withers, una grande e sincopata Last Hand Of The Night e la conclusiva That's What Love Will Make You Do, dalla penna di Little Milton e dallo stile molto simile ad Albert Collins. La sezione fiati è quella dei LEGENDARY WHITE TRASH HORNS (ricordate Edgar Winter?) e la spumeggiante sezione ritmica è composta da Willie Weeks, basso, e Brian Jones, batteria. C'è però un altro ingombrante ospite, che già aveva fatto storcere il naso a molti per le sue comparsate nei coevi albums del re del boogie Mr. John Lee Hooker, ovvero il signor Carlos Santana. Effettivamente la sua chitarra spesso pare appiccicata a forza sui pezzi di Hooker, tra l'altro molto diversi dal tradizionale stile del blueman, ma in questo caso rende benissimo su Get Down, in piena sintonia col resto dell'album.   C'è anche lo spazio per due perfetti blues acustici, Keep On Steppin' e Don't You Lie To Me dove torna il grande e classico Junior ed una "normale" Trying To Get Over You.
Grande disco, cercatelo e non ve ne pentirete, un lato della personalità artistica di Junior Wells poco riconosciuto ma ugualmente grande.

G_BARONCELLI
 
 
MR. JUUUUUUNIOR WELLS !!!!




LIVE EXPERIENCE: ROYAL SOUTHERN BROTHERHOOD AT TRASIMENO BLUES FESTIVAL

 
Sto ascoltando un bel concerto, musica di qualità, non è un sound mai sentito prima, non mi fa buttare a  terra e rotolare dalla gioia, nemmeno mi fa accapponare la pelle, però è bello. Una musica calda ed avvolgente, una miscela perfetta o quasi di blues, sapori di New Orleans, un pò di Santana qua e là, melodia e ritmo con qualche occasionale spruzzata di un rock un pò più robusto, improvvisazione, duelli chitarristici tipici del classico southern rock, mai però così esasperati ed invadenti. E' la musica che proviene dagli stati più caldi degli USA, quelli bagnati dal Golfo del Messico e periodicamente travolti da feroci tempeste, quelli dove la cultura bianca, nera, francese e spagnola si fondono insieme; le regioni che hanno dato i natali a Duane e Gregg Allman, Art Neville ed i suoi fratelli Charles, Aaron e Cyril. 
Allman e Neville, due dinastie di musicisti importanti ed influenti per tutta la musica americana, regali appunto, che per la prima volta incrociano il loro cammino al fianco di uno dei più promettenti chitarristi blues, Mike Zito, pluripremiato dalla critica, ed un'eccellente sezione ritmica costituita dall'ex drummer della Derek Trucks Band Yonrico Scott ed il fantasioso e, quando occorre, pirotecnico bassista Charlie Wooton. I "reali" sono il figlio primogenito di Gregg, trascinante chitarrista e cantante Devon Allman (già negli Honeytribe) ed il più giovane dei fratelli Neville, cantante e percussionista Cyril. 
Lo show che sto ascoltando è quello di Boston, Massachusetts, 11 Marzo 2012 ed è molto simile a quello a cui ho personalmente assistito l'estate appena trascorsa, non ricordo esattamente la scaletta ma grosso modo i pezzi del tour sono quelli. Ecco la scaletta di Boston:

Fired Up!
Hurts My Heart
Gotta Keep Rockin'
Ways About You
Moonlight Over The Mississippi
Left My Heart In Memphis
Fire On The Mountain
Pearl River
Could Get Dangerous
Graveyard Train  >>
Whippin' Post
Sweet Jelly Donut >>
Brotherhood
Encore:
All Around The World >>
New Horizons
One Way Out

 
ALCUNE IMMAGINI SCATTATE AL TRASIMENO BLUES FESTIVAL 2012

Il concerto parte con le caldissime sonorità di Fired Up!, Neville tesse un tappeto percussivo e canta, contrappuntato dalla Gibson di Allman, poi il gruppo si permette un intermezzo percussivo già ad inizio concerto, a sottolineare che RSB sono una jam band. Hurts My Heart è molto più potente, un rockaccio cantato con grinta da Mike Zito, superlativo, probabilmente il migliore dei tre frontman dal punto di vista tecnico anche se la forza della band sta proprio nella coralità. Gotta Keep Rockin' è invece cantata da Devon, quest'alternanza sarà la prerogativa della serata. Anch'esso un rock'n'roll, anche se un pò più tranquillo del precedente, è il singolo del quale circola anche un bel videoclip che presenta la band alle prese con le registrazioni in studio.


Ways About You è più lenta ma molto intensa, Zito canta con sentimento fino all'esplosione delle twin guitars, poi Moonlight Over The Mississippi riporta alle atmosfere iniziali, Left My Heart In Memphis è un tocco leggero poi i cinque salgono sulla vetta delle montagne Deadiane con la cover di Fire On The Mountain, calda e splendida ondeggia per una decina di minuti, leggermente psichedelica e molto Allmaniana con una notevole slide guitar di Mr. Zito.
Pearl River è un blues molto intenso, primo brano scritto da Zito in collaborazione con Neville, proviene dal suo album del 2009 dallo stesso titolo ed è stato eletto brano blues dell'anno. Could Get Dangerous è uno degli highlights della serata, è un brano di Devon presente nel suo secondo album solista (con gli Honeytribe); ottima composizione intensamente cantata dall'autore con assolo di Zito, poi Allman che prima fa salire la temperatura, poi và a cercare la jam con il compagno (lo fa più volte durante la serata) per lasciare infine spazio ai solismi di Yonrico e Wooton. L'assolo del bassista a Città della Pieve  è stao molto più lungo e pirotecnico ed ha mandato il pubblico in visibilio. Con Graveyard Train l'atmosfera si fa più tranquilla, il brano dei CREEDENCE viene rivisto in modo molto personale, a Boston Devon innesta anche una porzione di Whippin' Post.
Sweet Jelly Donut contiene le presentazioni e sfocia in Brotherhood, circa sette minuti di jam strumentale che ricorda i primi ALLMAN BROS. Breve pausa ed ecco subito i bis con All Around The World e New Horizons, poi un divertente "duello" a colpi di famosi riffs tra Devon e Mike che come quasi sempre nei loro concerti precede One Way Out che di solito stende definitivamente la platea.
Al Trasimeno Festival invece le posizioni sono state diverse perchè il brano di Sonny Boy Williamson l'hanno suonato un pò prima (tra l'altro in versione decisamente superiore a quella che sto ascoltando) e durante il duello Devon ha sparato anche Jessica, naturalmente accolta con un boato.
Splendidi concerti quindi, dal vivo la band è decisamente superiore rispetto al disco in studio, comunque buono ma molto più pulito, standard direi.


Mi piace concludere con un ricordo della serata passata al festival lo scorso Luglio. Già durante il pesante spettacolo del gruppo di apertura ho cercato di avvicinare qualcuno dei musicisti ma proprio sul più bello siamo stati allontanati. Comunque ci hanno detto che dopo il concerto tutti i membri della band sarebbero stati al tavolo del merchandising per firmare autografi a tutti e così è stato. Io ed i miei pards abbiamo così potuto stringere la mano a questi grandi, simpatici, disponibilissimi musicisti. La scena buffa è stata questa: Stefania, presa dall'entusiasmo, mi strappa di mano il CD della Derek Trucks Band che avevo portato per Yonrico e chiede un autografo al primo che le capita a tiro, cioè Cyril Neville. Questi, un pò sbalordito firma comunque. Non faccio in tempo a portarla via che, vista la scena, ecco accorrere Yonrico col pennarello in mano che le spiega che "lui" suona in quel disco ed appone volentieri la sua firma sulla copertina. Noi naturalmente ci scusiamo per l'equivoco e ringraziamo di cuore per la splendida serata. Quando dico a Devon che sono un fan del padre mi risponde "me too!" e ci diamo appuntamento al prossimo concerto in terra italica o chissà dove.


G_BARONCELLI