Spesso mi sono ritrovato a riflettere, con angoscia, su come sarebbe stato il perdere definitivamente la compagnia di musicisti che mi hanno letteralmente preso per mano, all'epoca appena adolescente, indicandomi la strada della musica con la M maiuscola e contribuendo non poco alla formazione della mia personalità ed all'espansione della mia cultura musicale e non.
Fino ad oggi la perdita di musicisti importantissimi mi aveva naturalmente toccato ma valutando oggi mi viene da dire solo marginalmente. Steve Ray e Jeff Healey naturalmente erano stati un brutto colpo ma in fondo erano si due tra i migliori musicisti degli anni ottanta/novanta, innovativi nell'uso della sei corde al pari di Jeff Beck e Jimi Hendrix probabilmente, ma il dispiacere era dovuto in gran parte alla loro giovane età ed al rammarico per il non poter più godere della loro arte. Chissà cosa avrebbero potuto darci ancora. Era lì il punto.
La prima volta che sono stato veramente male è quando ho saputo di Rory Gallagher, un vero pilastro del blues, una vera influenza per una vastissima schiera di chitarristi, uno di quelli che la storia l'aveva scritta. Uno che da giovane picchiava veramente duro col suo trio, ben più di Jimi ed Eric. Quando lo vidi dal vivo mi sbalordì, avevo una vera leggenda lì a pochi metri, con la sua Stratocaster scorticata ed il suo giubbotto di pelle nel calderone di Piazza Duomo, Pistoia, una sera di Luglio di tanti anni fa. Stavolta però è diverso: se ne è andato Jon Lord, l'uomo che ha fondato i DEEP PURPLE, il gruppo con il quale sono cresciuto, che mi ha fatto scoprire l'hard rock, che mi ha spinto a provare a suonare la batteria in principio e la chitarra poi. Il gruppo del quale volevo avere tutto e per il quale sono diventato collezionista, dischi in vinile e registrazioni live, cassette che scambiavo per corrispondenza con collezionisti di tutto il mondo. Ho visto diverse volte i DEEP PURPLE dal vivo, poi un giorno la sorpresa, eravamo nei pressi di Pisa, di trovare Don Airey al suo posto, si era sparsa la voce che Jon avesse problemi al ginocchio ed avesse dovuto rinunciare ad alcune date. Airey diventò il sostituto definitivo ma io non mi ero ancora abituato, in tanti probabilmente speravamo in una reunion un giorno, chissà. Invece il tempo è passato, Jon si è dedicato alla sua amata musica classica, ha registrato dischi ed organizzato concerti, ogni tanto tornava al rhytjm'n'blues con gli Hoochie Coochie Men ma fondamentalmente si teneva lontano dai grandi e faticosi tour. Poi tempo fa l'agghiacciante notizia della malattia, credevo potesse farcela, qualche breve notizia qui e là parlava del buon andamento delle cure; invece nulla. Due giorni fa, appena rientrato da una splendida serata di musica live, navigando sul web ho appreso la triste notizia che mi ha lasciato di stucco. L'unica cosa che mi conforta è che "il maestro" ha potuto vivere intensamente la sua vita e ci lascia un'eredità immensa. Finchè il mondo continuerà a girare la sua musica continuerà a vagare nell'etere, fonte di godimento per milioni di ascoltatori ed influenza primaria per centinaia di musicisti. In Rock, Machine Head, Made in Japan, l'incredibile assolo di Burn, la splendida esecuzione live di Gemini Suite, Before I Forget, i titoli migliori degli WHITESNAKE ove in verità risalta ben poco, il bellissimo Sarabande, la magia di Perfect Strangers, Pictured Within, Abandon oppure il progetto semi-goliardico di First Of The Big Bands in compagnia dell'amico Tony Ashton e gente del calibro di Ron Wood, Peter Frampton e Cozy Powell, una serie di capitoli in ordine sparso che lo terranno per sempre vivo nella mia stanza della musica. Questo era, ed ancora è, Jon Lord.
G_BARONCELLI
.... che altro dire?
RispondiEliminaps giampa perchè non hai fatto il giornalista?
grazie, mi diverto....
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